Soffri di qualche fobia e ti stai chiedendo se uno Psicologo può aiutarti a risolvere il problema? Mi chiamo Emanuele Scarpellini, sono Psicologo e Psicoterapeuta e, nei miei studi di Udine, Gorizia e Trieste, mi occupo delle problematiche relative alla fobia e alla rimuginazione.
Cos’è la fobia? Come è possibile risolvere una fobia? Cosa intendiamo per rimuginazione?
La rimuginazione è una modalità di risposta allo stress basata su un’attività di pensiero ripetitiva e passiva che si concentra sulle cause e sulle possibili conseguenze di un evento negativo. L’effetto calmante che potrebbe derivare dall’analisi dell’evento è illusorio, le persone che tendono a rimuginare percepiscono un aumento del livello di stress legato all’evento, la sensazione interna di disagio aumenta durante tutto il processo. Mentre di fatto si sta facendo un grande sforzo per tranquillizzarsi, ci si rende conto che l’ansia aumenta.
La rimuginazione spesso segue una strada parallela con la soppressione del pensiero. Erroneamente si potrebbe pensare che la rimuginazione prevede un’attività di pensiero che risulta assente nella soppressione. In realtà entrambe le strategie riguardo un’attività del pensiero; chi rimugina s’impegna in un’attività di ricerca, chi sopprime s’impegna in un’attività di inibizione. La frase tipica che accompagna una soppressione del pensiero potrebbe essere “non mi preoccupo perché non ci penso”, oppure “faccio qualcos’altro così mi distraggo”. Sia che si rimugini, sia che si sopprima, il pensiero è sempre legato ad un’emozione suscita da un particolare evento.
Lo stile cognitivo ha la funzione di controllare l’effetto dell’emozione, e sebbene ripensare agli eventi per apprendere da quanto accaduto, o sopprimere il pensiero per riuscire a calmarsi, siano attività di per sé adattive, è l’utilizzo massiccio, pervasivo, ed esclusivo di esse che ne determina l’aspetto di sofferenza.
La rimuginazione è spesso legata all’ansia sociale ed è una strategia di risoluzione di problemi che paradossalmente svolge la funzione di mantenere l’ansia sociale. Chi soffre di ansia sociale è prigioniero di credenze riguardo al sé legate alla performance sociale (“devo fare buona impressione a tutti”), alla valutazione sociale (“se mi vedono in ansia pensano che sono debole”) e ad alcune credenze legate al sé negative (“le persone pensano male di me”). Le rimuginazioni possono presentarsi prima dell’evento o dopo l’evento:
- le rimuginazioni che avvengono prima dell’evento sono legate ad eventi passati che generano immagine negative di sé nell’evento futuro
- le rimuginazioni che avvengono dopo l’evento si focalizzano anche sul livello d’ansia percepito durante l’evento
Questa strategie di controllo, a lungo termine, non portano nessun sollievo. Di per sé la rimuginazione può deformare il processo di soluzione dei problemi, ed in circolo di autorinforzo dove il vissuto dell’ansia è predominante, le relazioni interpersonali si deteriorano, alla sofferenza interiore si somma la sofferenza del corpo perché alti livelli d’ansia portano a forti somatizzazioni.
La soppressione del pensiero è un’attività deliberata di esclusione dalla coscienza di tutti i pensieri negativi riguardo al sé, pensieri che chi tende a rimuginare analizza nei minimi dettagli. Capita spesso che la stessa persona che tenda a rimuginare possa tendere alla soppressione in alcuni momenti della giornata. Chi tende a prediligere la soppressione del pensiero tenda a sperimentare con più frequenze pensieri intrusivi molto dolorosi accompagnati da una forte attivazione affettiva e ansiosa.
Rimuginazione e soppressione sono attività di inibizione del contenuto affettivo, il prezzo che ci paga per l’evitamento è alto: a partire dalla somatizzazione dell’ansia fino ad arrivare alla depressione. Tra questi due estremi è presente un senso d’insoddisfazione, di mancanza, e di ansia che diventa il sottofondo di una vita da sopravvissuto, di chi lotta “per restare a galla”.
È facile intuire quanto la massiccia attività di soppressione possa portare alla formazione di fobie. Tradizionalmente le fobie sono legate ai disturbi d’ansia, si pensi all’ansia sociale, o alle fobie specifiche. Oggi sappiamo che le fobie possono essere dirette anche ad aspetti del mondo interiore, cioè a pensieri, emozioni, fantasie, sensazioni. Aspetti traumatici sono spesso legati a paure molto intense per alcuni affetti e contenuti del proprio mondo interiore. Essere in preda ad emozioni intense, fuori controllo, aumenta l’utilizzo di strategie di evitamento, e l’evitamento impedisce l’integrazione di tutti gli aspetti del sé. Questa mancata integrazione rende ancora più difficoltosa la regolazione delle emozioni e degli stati somatici interni. Quindi le fobie possono anche essere guidate dalla paura e mantenute da processi di pensiero che generano valutazioni negativi su di sé.
Anche per le fobie, come per il panico, va fatta la distinzione tra Trauma con la T maiuscola, e trauma con la t minuscola. La fobia dei cani che si sviluppa a causa di un attacco diretto è diversa rispetto la fobia dei cani nel momento in cui la propria vita non è stata messa in pericolo (o nel momento in cui non abbiamo assistito alla morte di qualcuno, in tal caso si parla di trauma vicario). Janet spiega molto bene come la fobia per alcuni contenuti interiori si lega ad eventi esterni; i contenuti esterni diventeranno a loro volta il bersaglio più evidente della fobia.
Le fobie vanno ad influire pesantemente sulla qualità della vita di chi ne soffre. Fobie legata ad eventi esterni sono facilmente identificabili da chi ne soffre, esistono altri tipi di fobie non altrettanto identificabili. Le fobie legate a pensieri, emozioni, sensazioni fantasie etc.. emergono alla consapevolezza con più difficoltà. Le fobie legate all’attaccamento sono ancora più difficili da identificare.
Questo ultimo tipo di fobia condiziona nel lungo termine la vita della persona. Esiste sia la fobia dell’attaccamento (il timore di legarsi a qualcuno in modo intimo e profondo), sia la fobia della perdita dell’attaccamento (il timore di essere abbandonati, il cui risultato è un evitamento preventivo del coinvolgimento emotivo ed intimo con l’altro). Sebbene questi timori portino alle stesse conseguenze in realtà si fanno portavoce di motivazioni ed origini diverse.
Allo stesso modo in cui è difficile separare in modo netto la rimuginazione e la soppressione, in modo paradossale le fobie dell’attaccamento e della perdita dell’attaccamento spesso coesistono in momenti diversi. Si può passare dalla rimuginazione alla soppressione in momenti diversi, ed ugualmente si può percepire il timore di legarsi a qualcuno o il timore di essere abbandonato da qualcuno in momenti diversi. Di base esiste la coesistenza degli opposti, varia la loro espressione . Questa espressione cambia in modo repentino ed estremo perché rispecchia la mancata integrazione del sé. La velocità e l’intensità con cui si passa da uno stato all’altro fa male, crea sofferenza e non trova una cornice che ne permetta la contestualizzazione. Tutto ciò va a toccare profondamente il bisogno di prevedibilità e di sicurezza dentro ognuno di noi.
Emanuele Scarpellini, psicologo e psicoterapeuta riceve negli studi di Udine, Gorizia e Trieste.
E’ uno psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico. Dal 2019 membro della Società Neuropsicoanalitica, integra la formazione neuroscientifica con le teorie di stampo psicodinamico ed utilizza prevalentamente la tecnica psicodinamica breve intensiva, Intensive Short Term Dynamic Psychotherapy che si dimostra validata scientificamente.